Polizia Scientifica - Attività 1 - Rilevamento delle impronte digitali

Cenni teorici

La stabilità e l'unicità delle impronte digitali costituiscono ormai concetti accettati universalmente da molto tempo, tanto che i sistemi giuridici, in vigore in quasi tutti i paesi del mondo, conferiscono a esse valore probatorio nei processi penali e civili. Dall'inizio del secolo fino ai primi anni 50, nelle sedi delle più prestigiose agenzie di polizia, operatori specializzati erano incaricati di confrontare manualmente le impronte digitali rilevate dagli agenti di polizia sui luoghi di crimine con quelle (stampate su carta) disponibili in archivio. I primi sistemi automatici per il riconoscimento di impronte digitali furono sviluppati nel 1950 dall'F.B.I. (Federal Bureau of Investigation) in collaborazione con il National Bureau of Standars, Cornell Areonautical Laboratory, e Rockwell International Corp. Dieci anni dopo NEC Technologies Inc. (Tokyo), Printrack Inc. (Anaheim, California), e Morpho System (Parigi) fecero il loro ingresso in campo basandosi sul lavoro e sui risultati ottenuti dall'FBI. I sistemi sviluppati furono adottati in diversi contesti, e le agenzie di polizia, affiancate da enti governativi e privati, persero la prerogativa di unico destinatario di queste tecnologie. I primi sistemi commerciali destinati ad applicazioni non forensi e non governative, vennero sviluppati a partire dagli anni 80.

Esistono tre tipi di impronte digitali: visibili, modellate (dette anche per spostamento) e latenti. Le prime sono dovute al contatto di mani sporche su superfici pulite, o di mani pulite su superfici sporche o solo impolverate: le linee papillari asportano (o lasciano) lo sporco o la polvere, l’impronta rimane chiara sulla superficie e non resta che fotografarla per confrontarla con quelle già in archivio (ottenute per inchiostrazione delle dieci dita e delle palme e pressione su carta). Le impronte modellate o per spostamento sono dovute al contatto delle mani con sostanze malleabili, come cera, colla, pece e anch’esse possono essere fotografate. Diverso è il caso di quelle latenti, cioè nascoste, invisibili. Queste si producono solo perché i pori della pelle emettono una sostanza, costituita da acqua, materiale sebaceo, acidi, calcio, fosfati e la loro qualità dipende dalle condizioni psicofisiche dell’individuo (sudorazione), dalle condizioni atmosferiche e ambientali e dalla superficie (le migliori sono quelle levigate come vetro, ceramica, metalli verniciati, mobili). Per rilevarle si deve creare un contrasto tra le linee digitali e la superficie. Il metodo tradizionale consiste nello spargere con un pennello il cosiddetto grigio-argento, polvere di alluminio e additivi (che si deposita sulle linee papillari) dove si presume sia l’impronta. Se c’è, si asporta con nastro adesivo nero. Se la superficie è porosa (carta, legno grezzo), si usano reagenti chimici (ninidrina, violetto di genziana), che fanno risaltare le linee. Ultimo metodo è quello fisico, per evaporazione metallica in alto vuoto, e si usa, in genere, per superfici di plastica. In laboratorio, l’oggetto viene messo in una campana sotto vuoto. Qui si provoca l’evaporazione di una sostanza metallica, che poi si deposita uniformemente sul reperto, evidenziando le impronte. Un sistema recente fa uso della luce laser. Può essere applicata su maniglie, cassettiere, in ambiente sicuro (privo per esempio di specchi) e usando occhiali adeguati. Il reperto prima dell’indagine laser viene trattato con ninidrina, che serve a evidenziare la luminescenza.

Il sudore umano è costituito per il 98% di acqua, per l’1% di costituenti organici e per l’1% di sali inorganici . Il sudore secreto dalle ghiandole sulla punta delle dita è depositato sulle superfici toccate dalle dita. Il deposito è in forma di contorni (ridge patterns) che sono l’immagine dei disegni delle creste sulla pelle delle dita. I disegni formati dalle impronte digitali ricadono in tre categorie distinte, chiamate in inglese: arches, loops, e whorls (Figura 1).

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A una analisi più approfondita, si possono osservare altre caratteristiche fondamentali delle impronte digitali: queste micro-singolarità, chiamate minuzie o caratteristiche di Galton, sono principalmente determinate da biforcazioni e terminazioni delle ridge line (Figura 1, destra, e Figura 2) e sono molto importanti per la discriminazione delle impronte, e pertanto vengono usate nella maggior parte dei sistemi di confronto automatico.

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I costituenti del sudore possono essere fissati selettivamente da reagenti chimici per rendere visibili le impronte latenti. Il modo più semplice e più comune per rilevare il ridge pattern è mediante pennellamento con una polvere che aderisce meccanicamente alle componenti umide ed oleose del deposito della pelle. Le comuni polveri per impronte digitali consistono di un colorante e di un polimero resinoso o sale inorganico. Questo è assorbito dai costituenti del sudore, mentre il colorante si fissa sul polimero o sale. I coloranti usati sono carbone, biossido di manganese, ossido ferrico. I polimeri più usati sono gel di silice o amido, e i sali inorganici sono carbonati di zinco, di bario, o di magnesio. Il ridge pattern si asciuga in circa 2-3 giorni, quindi impronte più vecchie non possono essere rilevate con il metodo dello spolveramento.

Le impronte più vecchie si possono sviluppare con un reagente chiamato ninidrina. Questa reagisce con la componente aminoacidica del sudore, dando una colorazione rosso porpora che rende visibili i ridges.

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La ninidrina (o 2,2-diidrossi-1,3-diossoidrindene) è un indicatore specifico per il rilevamento degli amminoacidi. Reagisce con essi (esclusa la prolina) sviluppando una intensa colorazione viola. A temperatura ambiente si presenta come un solido giallo chiaro dall'odore tenue caratteristico.La ninidrina reagisce con il gruppo amminico dell'amminoacido libero; la reazione è veloce, ma talvolta per velocizzare è necessario il riscaldamento per pochi minuti.

Un altro reagente utilizzato per sviluppare impronte latenti è l’argento nitrato. Reagisce con il cloruro di sodio presente nei depositi del sudore in una semplice reazione di scambio ionico, producendo argento cloruro. Esposto alla luce del sole, il cloruro di argento decompone lasciando un deposito di argento nero che rende visibile l’impronta. La decomposizione dei sali di argento alla luce è anche il processo alla base della nascita della fotografia.

AgNO3 + NaCl -> AgCl ↓ + NaNO3

AgCl (luce) -> Ag (solido nero) + ½ Cl2

Procedimento per il rilevamento delle impronte con ninidrina

1. Preparare la soluzione per il rilevamento delle impronte digitali:

- pesare 0.4 g di ninidrina e trasferire in matraccio da 100ml
- aggiungere 2 ml di metanolo (eventualmente scaldare leggermente per favorire la dissoluzione)
- aggiungere 7 ml di acetato di etile
- aggiungere 1 ml di acido acetico
- portare a volume (100ml) con etere di petrolio
- agitare bene e trasferire in beaker da 100 ml: il bagno di sviluppo è pronto

2. Preparare diversi supporti su cui depositare le impronte:

- tagliare i supporti in modo che possano essere delle dimensioni giuste per essere immersi nel bagno di sviluppo (lavorare rigorosamente con i guanti)
- siglarli in modo da identificare operatore e numero del campione
- imprimere l’impronta di un pollice su un foglietto dopo aver sfregato il pollice sulla fronte o sul palmo della mano per inumidirlo con il sudore. Per imprimere l’impronta appoggiare il bordo sinistro del pollice sul foglio, con il bordo destro rivolto in alto. Rotolare lentamente il pollice finchè il bordo destro tocca la carta, e il sinistro è in alto.

3. Rilevamento dell’impronta:

- muniti di guanti, immergere il reperto preparato nel bagno di sviluppo
- lasciare asciugare qualche minuto sotto cappa
- trasferire in stufa a 100°C per circa 10-15 minuti, non di più

Completa la tabella: descrivi brevemente i tipi di supporti utilizzati e la qualità delle impronte dopo il trattamento con ninidrina e in funzione del tipo di supporto.

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Commenta i risultati confrontando i supporti e la qualità delle impronte sviluppate

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